Neurochirurgo

20 febbraio 2018

Malformazioni artero-venose: come si curano?

Le malformazioni artereo venose (MAV) sono patologie vascolari solitamente congenite che dipendono da una anomala connessione tra arterie e vene. 
In condizioni normali le arterie si dividono in rami sempre più piccoli fino a formare un gran numero di capillari che permettono loro di collegarsi alle vene riducendo la pressione sanguigna. In presenza di una malformazione artero-venosa questo non avviene: il sangue, saltando il letto capillare, confluisce ad una pressione molto elevata (fino a 100 volte superiore rispetto a quella standard) nelle vene, le quali rischiano di rompersi e di provocare una emorragia cerebrale. Tale emorragia cerebrale può essere di due tipi: emorragia intraparenchimale (più frequente) o subaracnoidea.  


La rottura di una vene e la conseguente emorragia cerebrale non è l’unico possibile sintomo di una malformazione artero-venosa; questa patologia si può manifestare anche attraverso:

  • crisi epilettiche, soprattutto in pazienti che presentano MAV voluminose;
  • cefalea (nel 20% dei casi);
  • deficit neurologico, nel caso in cui la massa della malformazione sia molto grande o la MAV sottragga sangue alle zone del cervello circostanti. Questo accade perché la malformazione artero-venosa si comporta come una spugna e fa confluire a sé il sangue che dovrebbe prendere la via dei capillari per nutrire il tessuto circostante.

 

La patologia comunque, che ricordiamo essere congenita, rimane a lungo asintomatica e le prime manifestazioni si verificano tra i 20 e i 40 anni d’età. Dal momento che i sintomi di molte patologie cerebrali sono i medesimi, una diagnosi di MAV può avvenire solo in seguito ad esami come:

  • risonanza magnetica cerebrale o conminor sensibilità tomografia computerizzata;
  • angiorisonanza;
  • angiografia.

 

Dopo aver accertato la presenza di una MAV è necessario procedere con il trattamento più adeguato. Questa è infatti una patologia potenzialmente molto pericolosa e in caso di sanguinamento vi è circa il 50% di probabilità di riportare un deficit permanente di alcune funzioni cerebrali con un rischio anche per la vita stessa. Il rischio varia da persona a persona o anche nel corso del tempo per uno stesso paziente; una stima grossolana afferma un rischio di rottura del 2-4% per ogni anno di vita. In media si registra il 30% di rischio sanguinamento oltre i 10 anni dalla diagnosi.

 

Trattamento della malformazione artero-venosa: quali sono le possibilità?
Il trattamento previsto in caso di MAV dipende dalla sua classificazione, che si basa su criteri come grandezza, localizzazione e drenaggio venoso (quest’ultimo criterio riguarda la cosiddetta classificazione di Spetzler-Martin, che assegna un grado da 0 a 5 ad ogni MAV a cui corrisponde un rischio di deficit neurologici crescente).

In particolare, le possibili tecniche di cura impiegate per il trattamento di una malformazione artero-venosa sono:

  1. Tecnica endovascolare: tramite una  embolizzazione vascolare si riducono le dimensioni della MAV; generalmente questo trattamento non è sufficiente a completare la chiusura della MAV, ma deve essere associato ad un intervento chirurgico tradizionale o di radiochirurgia stereotassica.
  2. Intervento chirurgico: consiste nella chiusura degli apporti arteriosi prima della rimozione in blocco della malformazione con chiusura delle vene di scarico. L’indicazione all’intervento è soprattutto per MAV che abbiano dato già una emorragia e che si trovino in una area cerebrale non eloquente (che non svolge cioè funzioni neurologiche come il linguaggio o il movimento)
  3. Radiochirurgia stereotassica con Gamma Knife: è una tecnica risolutiva ed efficace per l’80% dei casi e si basa sull’emissione molto precisa di raggi Gamma. In un periodo compreso tra 1 e 3 anni questa procedura consente di chiudere i vasi colpiti dalla patologia rimpiazzandoli con tessuto cicatriziale. In passato la Gamma Knife era utilizzata solo per il trattamento di malformazioni di piccole dimensioni (massimo 2-3 cm di diametro) mentre oggi è possibile trattare anche per lesioni più voluminose (dividendo il trattamento in due/tre sedute a distanza di sei mesi).

 

Ne parla il Dott. Franzin nel seguente video:

 

 

Il dott. Alberto Franzin, neurochirurgo, visita ed opera a Brescia presso l’Ospedale Fondazione Poliambulanza, inoltre visita privatamente a Milano, Cosenza, Taurianova (Reggio Calabria) e Lecce.